Santa Eufrasia di Pisa: la tavola dell’altar maggiore, un violinista e il rettore Sbrani

La chiesa di Santa Eufrasia di Pisa, retta nel settecento dai Carmelitani Scalzi, beneficiò da parte della Gran Principessa Violante Beatrice di Baviera († 1731), del lascito di un’ingente somma di denaro per fondare una cappellania all’altare di Santa Teresa (è questo il sunto del mio Violante di Baviera e i carmelitani di S. Eufrasia a Pisa, 2021).
Si accordava, questa volontà, con altre nell'ambito più ampio dell’abbellimento di una chiesa che era sì antica – fondata prima del Mille – ma che doveva apparire ai contemporanei incompiuta e manchevole. Infatti, qualche decennio prima del lascito, quando ancora non era stata affidata ai Carmelitani, vi furono altri adornamenti, come si legge in alcune carte inedite ... Ad esempio una casa vicina alla chiesa viene descritta da un Campione di beni, cioè da un registro che elencava le proprietà del convento nel modo seguente ...

“1667 al pisano [1666]. Una casa solariata a due solaij con cucina a mezza scala, cantina e chiostra con pozzo e e pila per quanto tiene detta casa posta in cura di Santa Eufrasia, a primo palazzo del Vigna, a secondo via, a terzo casa de’ Padri di San Torpè, a quarto horto della casa di messer Antonio Boscaini, e già delle monache di Santa Teresia; la sopradetta casa fu lasciata alla chiesa di Santa Eufrasia dal signor Antonio Corsini per testamento rogato ser Girolamo Vanni il dì 11 febbraio 1637 pisano e se ne prese il possesso dal rettore il dì 23 maggio 1638 al pisano [1637] per instrumento rogato da ser Tommaso Ricci con obligo di dire per l’anima del suddetto defonto un trentesimo l’anno in perpetuo.
Di più lasciò scudi sessanta per far la tavola dell’altare maggiore di detta chiesa, e che il rettore di detta chiesa per una volta tanto dessi per dote a due fanciulle scudi venticinque per ciascuna fanciulla, da cavarsi detti denari delli bestiami et altro, che il prefato testatore havessi ne’ beni di Barbericina, ma sin hora non si sono potuti havere [...]”.

Seguono gli affitti.
“La suddetta casa si suol dare a pigione, e al presente conduce il reverendo p. Anton Maria Baragalli” [prete e poeta] per 10 scudi l’anno a cominciare dal I settembre 1667 e da pagare in due rate ogni sei mesi.
Dal 18 febbraio 1671 invece il locatario fu il reverendo signor Giovanni Battista Spazzadeschi; dal 16 maggio 1679 vi ritornò il Baragalli, dal 31 maggio 1684 vi fu affittuario Ippolito d’Andrea Franci e dal primo ottobre 1687, per cessione, lo fu Pier Giovanni Fabbrini che necessitò del consenso con scritta privata del rettore canonico Niepitini. Fabbrini era “sonatore di violino nella cappella della Primaziale pisana” e per la “casa in via di Santa Eufrasia” pagò 56 lire di canone all’anno, in due rate semestrali, con contratto rogato anni più tardi da ser Pietro del Poggio il 22 giugno 1697.
Rinunciò nell’ottobre 1705 “perché il rettore sacerdote Giuseppe Sbrani potesse “servirmene per me, e rettori miei successori per canonica et abitazione giacché la casa canonica antica non era da potersi abitare minacciando rovina, e tutto ho fatto con haver speso di proprio denaro circa ducati 60 per risarcimento della medesima; e per havere il detto comodo ho lasciato al suddetto Fabbrini scudi 16 nelle mani, dovuti per resto di canoni decorsi, nonostante che, contro gli accordi e patti fatti per mezzo di ser Muzio Fracassini, il medesimo Fabbrini mi portasse via tutte l’impannate e serrature dell’usci, et io per far cosa grata all’illustrissimo signor vicario generale Giuseppe M. Cascina, per havermelo raccomandato come povero huomo, men’acquietai, e tutto a perpetua memoria e per commodo de’ rettori, che saranno pro tempore et ad laudem Dei, et sanctarum Eufrasiae et Barbarae, huius parrochie titularium”.

Il 28 ottobre 1684 il Campione ricorda il testamento di Isabella di Bartolomeo Orsini di Pisa che lasciò alla chiesa trenta scudi “per fare la tavola dell’altare grande”, con l’obbligo di dire una messa l’anno in perpetuo per la sua anima. Il rogito fu fatto da ser Giovanni Raimondi il 21 agosto 1680. Ma, nonostante fosse stato fatto un deposito di denaro per questo scopo sul Monte di Pietà della città, “per essere poco e la tavola dell’altare assai grande, non si trova chi la voglia fare” ... Solo più tardi, il I marzo 1687, “si fece lo scritto con il signor Giovanni Cammillo Gabrielli pittore († 1730] per il quale si obbligò fare la detta tavola per prezzo di scudi 30 con altri patti e condizioni ...”. (Seguono i ricordi delle messe celebrate per l’anima di Isabella fino al 1717).

Il 20 agosto 1711 si legge ancora:
“Ricordo fatto da Giuseppe M. Sbrani rettore della parrocchiale di Santa Eufrasia, qualmente avendo il tetto di detta sua cura minacciato rovina, et havendone dato parte a Firenze all’illustrissimo signor auditore Antinori [Niccolò Francesco, † 1722], acciò volesse ordinare che la religione [i cavalieri di Santo Stefano titolari di diritti sulla chiesa] lo facesse resarcire a sue spese, detto signore rispose, che il tutto s’aspettava a fare al curato; al che havendo replicato contro, e fatto sentire le mie ragioni, ottenni che ciò si facessi a tutte spese della religione, doppo di che io per mia liberalità feci in detta chiesa numero due finestre con sue vetrate, e sopra la porta di detta chiesa, che v’era una finestra antica, vi rifeci la vetrata, come ridussi tutto l’ altare alla moderna, e feci il baldacchino sopra detto altare, come detta chiesa la feci rimbiancare, e rivedere tutto quanto vi trovai, che volendo accennare ogni cosa, sarei troppo prolisso.
Basta il dire che in detto anno vi messi tutta l’entrata, e di più alla detta entrata numero venti tolleri [sic, talleri] di proprio, tutto a gloria di Dio e della Vergine Maria, e delle nostre sante vergini Barbera ed Eufrasia titolari”.

Paola Ircani Menichini, 5 luglio 2023.
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